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#JobCafè WITH Chiara Gigliotti

da | Ott 26, 2020 | Uncategorized | 0 commenti

Qual è stato il tuo percorso professionale e cosa ti ha spinto ad occuparti di turismo?

Il 17 settembre dello scorso anno ho festeggiato i miei trent’anni nel settore sono una veterana. Dopo aver frequentato il corso di tecnico per il turismo, che all’epoca era sperimentale, ce n’era uno solo ed era a Roma. Cinque anni di lavoro moto intenso: tre lingue, laboratori, viaggi all’estero. Appena diplomata sono andata a vivere in Germania, in un’estate di rientro, che doveva essere l’ultima in Italia, mio padre mi presenta l’architetto Paolo Delfini – che ancora oggi è il proprietario della Carrani Tours – che mi chiese di aiutarlo in occasione dei mondiali. Era il 1989, nel 1990 ci sarebbero stati i mondiali. E sono rimasta lì, prima come accompagnatrice, poi via via con altri incarichi fino ad arrivare ad essere Responsabile del prodotto. Poi sono andata a Buenos Aires per fare ancora altre esperienze. Ho lavorato per un tour operator che vende in Italia, e questo mi ha consentito una specializzazione a 360 gradi nel settore. Nel 2003, quando sono rientrata in Italia, ho iniziato di nuovo a lavorare per la Carrani fino a diventare, negli ultimi dieci anni, Direttore Generale.

C’è qualcosa che ti ha spinto verso questo settore? Indubbiamente i casi della vita ti hanno portato però  ci sarà qualcosa che ti ha fatto rimanere in questo settore, che cosa?

Sicuramente la voglia di conoscere il mondo. Ancora oggi sono una persona che non sta ferma. Di questi tempi è dura, non mi è mai successo di non prendere un aereo per 8 mesi. È una condizione strana, poi se vogliamo vederne l’aspetto meno interessante c’è anche precarietà: parti, torni, valigia primaverile, estiva, autunnale, invernale. Nel mio armadio ci sono proprio dei blocchi stagionali che so che devo prendere e che mi permettono di decidere di partire da un momento all’altro. Ma io sono molto poco statica e molto curiosa: nel movimento trovo una grande soddisfazione.

Che cosa ti piace di più lo abbiamo capito, ma cosa ti piace di meno del tuo lavoro?

Mi piace di meno l’ambiente, se devo dire la verità. È un ambiente dove ancora il genere maschile predomina. Avendo avuto esperienze all’estero posso dirti che in Italia la situazione è peggiore rispetto ad altri Paesi come, per esempio, l’America Latina, dove le donne hanno più considerazione e maggior retribuzione. Ma potrei farti l’esempio di tantissimi Paesi: Stati Uniti, Australia…giusto negli Emirati Arabi non ti pagano quello che ti devono pagare perché sei una donna, e li paragone mi sembra grave per l’Italia.

Come sta reagendo il settore del turismo a questo periodo di crisi?

C’è tantissima sofferenza. All’inizio c’era grande fervore, l’abbiamo presa tutti molto bene, grande attività, tanti incontri su tutte le piattaforme possibili. Adesso siamo stanchi di questa comunicazione virtuale, c’è tanta sofferenza perché ancora la strada è lunga. Personalmente penso che stiamo pagando il prezzo di quello che non è stato fatto negli anni passati. E posso permettermi di dirlo perché trent’anni sono un tempo lungo e la nostra non è mai stata una categoria unita e non solo per nostra responsabilità. Dalla trasformazione del tiolo V la separazione è stata ancora più evidente, perché se prima non lo eravamo in termini di categoria poi non lo siamo stati in termini di amministrazioni regionali. Anche agli occhi del mondo, noi siamo frammentati. La frammentazione regionale non giova, io combatto questa cosa, non sono stata per niente felice quando è accaduta. Quando vado in giro per il mondo spesso è per formare gli agenti di viaggio che stanno all’estero e che vendono ‘Italia, perché gli Enti preposti non lo fanno. Quindi vado, prendo un salone, 250 persone, faccio l’esposizione, racconto del mio prodotto ma racconto dell’Italia delle Regioni. Stiamo male perché siamo separati, divisi e ognuno fa la propria lotta. Molta solitudine e molta sofferenza ma ritengo che i primi responsabili siamo noi e la nostra categoria. Stiamo cercando di fare qualcosa, adesso, soprattutto per le figure che non sono state proprio prese in considerazione: le guide, gli accompagnatori, le collaborazioni saltuarie. La Carrani, in tutte le sue aziende, ha 120 dipendenti, ma ha un indotto di oltre 500 figure fra accompagnatori e guide. Sono veramente rattristata e mi sento molto responsabile perché finché le cose sono andate bene eravamo tutti molto felici, appena si è bloccato tutto, le prime categorie a soffrire sono state queste.

Che consigli daresti ai giovani che desiderano entrare in questo settore, una volta che questa situazione sarà superata?

Consiglieri un pochino più di umiltà. Io ne ho vista tanta intorno a me , agli inizi della carriera. Tutta la mia generazione ha fatto tanti sacrifici. Tutti quelli che oggi stanno ricoprendo ruoli molto importanti nel settore che hanno gestito e gestiscono tutto il turismo italiano sono miei coetanei. Noi eravamo sicuramente più umili, guardavamo chi lavorava con molta attenzione, oggi c’è un po’ più di superficialità e meno voglia di mettersi in gioco. .Trent’anni fa andare a Berlino voleva dire farsi 24 ore di viaggio in treno, con tutto quello che questo comportava perché il biglietto aereo era inaccessibile, oggi con 30/40 euro, viaggi puoi andare in qualsiasi città europea, ma questi ragazzi finiscono le scuole e non iniziano a viaggiare. Per questo lavoro  viaggiare, parlare le lingue è fondamentale. Devono fare più esperienze a tutti i livelli! E le donne devono farsi rispettare di più perché saranno loro che dovranno portare avanti la battaglia della parità di genere, che noi siamo riuscite a fare ma non del tutto. Quindi testa bassa, orecchie ovunque, flessibilità e viaggiare. La comfort  zone, questa maledetta comfort zone, va abbandonata, ad un certo punto ti devi mettere di fronte alle difficoltà che la vita ti pone e affrontarle con grinta.

Comunicazione QJ