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#JobCafè WITH Domenico Vitucci

da | Feb 3, 2021 | La Bussola | 0 commenti

Affrontiamo il tema della cultura, in questo periodo complesso, ancora da un altro punto di vista. Parliamo con Domenico Vitucci, Presidente della Cooperativa che gestisce l’unica sala comunale romana, il “Nuovo Cinema Aquila”, che nel corso degli anni si è specializzato nel portare alla luce tutte le realtà del cinema indipendente. Molto spesso unica sala romana a proporre alcuni film e ospitare manifestazioni di cinema indipendente, sovente con grande successo, è dal 2008 il principale punto di riferimento per chi ama gli incontri con gli autori in sala. Nell’arco di questi anni sono stati presenti numerosi autori italiani e internazionali nonché alcuni premi Oscar.

 

Come sei arrivato a fare questo lavoro?

Ho iniziato come giornalista cinematografico, sono stato tra i fondatori del più importante sito internet di cinema italiano negli anni ‘90 cioè 35mm.it, che adesso non esiste più. Alla fine di quel decennio ho intrapreso l’attività di operatore sociale e cultuale nell’ambito della cooperazione sociale, occupandomi sostanzialmente di spettacolo. Nel 2005 abbiamo vinto il bando per il Nuovo cinema Aquila e, una volta che il cinema ha aperto, ho spostato tutte le mie competenze nell’ambito della cultura a servizio del sociale.

Cosa ti ha spinto?

La mia volontà di impegno sociale. Mi ha sempre attratto l’attività di operatore sociale e culturale. Le prime cose che ho fatto nell’ambito sono stati corsi di cinema ad ex tossicodipendenti ed ex detenuti e da quando il cinema ha aperto abbiamo sovente dato lavoro anche ai ragazzi a rischio del quartiere. L’ambito della cooperazione sociale, forse grazie anche all’impegno che ci ho messo, mi ha portato moltissime soddisfazioni e non solo da un punto di vista umano.

La cultura credo sia uno dei settori più massacrati da questa pandemia, come state vivendo questo momento?

Il momento è molto triste, sono pochi gli elementi positivi. Abbiamo avuto dei ristori e stiamo riuscendo a sopravvivere, ma il ritorno alla normalità a mio avviso si allontana tantissimo. Anche se le sale potranno riaprire, credo che si parlerà di maggio. Non solo, nei mesi estivi saremo invasi dallo sport, visti i grossi eventi che sono stati rimandati l’anno scorso. Questo significa aprire un mese e stare un po’ ‘in apnea’ per tutta l’estate. Tra lo scorso giugno e metà ottobre le sale hanno riaperto, ma non è stata buona la situazione in termini di numeri, quelle che ci sono riuscite hanno investito molto e quando c’è stata la seconda chiusura non si sono trovate in buone condizioni. Credo che le istituzioni dovranno prevedere di dare ulteriori aiuti perché, purtroppo, sono tantissime le realtà e i lavoratori che sono in pessime condizioni. Troppi lavoratori di questo settore non hanno avuto niente, neanche la cassa integrazione.

Pensi che si perderanno delle professionalità per strada?

Questo si spera di no, in realtà le produzioni non hanno mai smesso di lavorare. Tutto quello che era già  pronto, lo scorso anno, si è riusciti a venderlo alle piattaforme, che sono state la salvezza e attualmente prosperano, come tutta la ‘fruizione casalinga’, vedi anche l’ambito editoriale. Per il teatro in particolare, non a caso, il problema appare irrisolvibile.

Dei giovani che volessero lavorare in questo settore nel mondo della cultura che consigli diresti?

Gestire una sala adesso è molto costoso, al di là del fatto che c’è meno pubblico: gli stessi circuiti tendono a ridurre il numero delle sale per risparmiare. Ci sono, tuttavia, moltissime sale indipendenti che si possono  condurre con poco personale, con operatori polifunzionali che dalla cassa sono in grado di gestire proiezioni e quant’altro.

Che tipo di preparazione?

Qualsiasi professione nell’ambito del cinema deve partire da una buona conoscenza del settore. Non ha importanza il corso di studi, devono prendersi del tempo, uno o  due anni, per conoscere a fondo il settore cinematografico a tutti i livelli.

Che caratteristiche personali devono avere?

Essere, soprattutto, appassionati.

Vorrei dire un’ultima cosa. In questo momento si parla molto delle problematiche della didattica a distanza ed è, praticamente, un anno che tutta una generazione non va al teatro o al cinema e, soprattutto, che non vede film di qualità. Temo che corriamo il grosso rischio che i giovani stiano due anni lontani dalle sale cinematografiche, e questo potrebbe diventare, in seguito, un rifiuto culturale per buona parte di una generazione.

Comunicazione QJ